Archivio dei diari / 27 gennaio 2020 Gli ultimi testimoni Stiamo morendo tutti, noi testimoni, ormai siamo rimasti pochissimi e quando saremo morti tutti il mare dell'indifferenza e della dimenticanza si chiuderà sopra di noi. Vogliamo iniziare così questa nostra lettera che oggi, Giorno della Memoria, indirizziamo a voi; vogliamo esordire con queste parole di Liliana Segre per chiedervi, per chiederci, se c'è qualcosa che possiamo fare, noi e voi tutti insieme, per evitare che quella memoria vada perduta per sempre una volta che anche l'ultimo di questi testimoni se ne sarà andato. È una domanda che ci facciamo ogni giorno qui a Pieve; e ogni giorno cerchiamo di rispondere a questa domanda sottraendo la strada all'oblio, lottando contro il sopravanzare del tempo, che non può e non deve il alcun modo corrispondere al sopravanzare del buio. Perché sappiamo, lo vediamo ogni giorno in Archivio e nelle stanze del Piccolo museo del diario, che è raccontando e tramandando questa memoria comune alle nuove generazioni che possiamo fare in modo che quel mare non si richiuda mai sopra di noi.
Oggi, in una giornata così importante e simbolica, vogliamo condividere voi con una delle nostre 8.500 testimonianze che ci riporta, letteralmente, nel campo di Auschwitz. Quelle che seguono sono le parole di Renzo Pellegrini, che nel 1991 torna in visita in quel luogo mostruoso che riaprirà la ferita del ricordo del suo internamento; una testimonianza asciutta, quasi "sterilizzata" come quel luogo rivisto dopo tanti anni e ormai di fatto irriconoscibile e altro; vogliamo dedicare queste sue parole agli ultimi testimoni, perché la fiamma della memoria possa continuare a passare di mano in mano senza sosta, per rimanere sempre accesa tenendo lontano il buio, la notte, l'oblio: Ancor prima di varcare il cancello con la scritta Arbeit Macht Frei, il lavoro rende liberi, ho avvertito la nefandezza del posto come stemperata, quasi dissolta. Un lungo edificio, una Kawiarnia, è il segnale che l'immenso bubbone di un tempo è stato sterilizzato, circoscritto. Si possono acquistare kawa, ciastka, kanapki, woda mineralna, caffè, paste, tartine, acqua minerale, ed anche gotowe danie, pasti caldi, specjalnosc zakladu, specialità del posto e prodotti dell'artigianato, poczstowka i poczstownj, cartoline e francobolli, e un opuscolo in varie lingue dalla copertina nera. Auschwitz è diventato un itinerario turistico. Da un autobus ho visto discendere dei soldati sovietici, la divisa marrone, il cappello a visiera largo come un'aureola. Compunti, inquadrati, non al passo. Li ho sentiti bisbigliare come i fedeli nelle chiese mentre varcavano l'ingresso del campo e sono entrato al fianco di due leggermente staccati dal plotone. Giovanissimi! Non conosceranno nulla del vero Auschwitz. Visiteranno la Pferdestallbaraken e i blocchi dove vidi pigiarsi 1000-1200 prigionieri sovietici dei centomila e più che qui furono chiusi; ne sopravvissero 92. Lo sguardo e la mente sul gruppo dei visitatori russi incamminato sul viale di mezzo fra caseggiati in muratura, puliti, ordinati, una scala breve per raggiungere l'ingresso, contraddistinti dalle lettere dell'alfabeto sulla porta, mi hanno impedito di vedere subito, sulla parete della prima costruzione a destra, la gigantografia di un'orchestra, i componenti con la casacca a strisce.
dagli scritti autobiografici di Renzo Pellegrini, conservati nell'Archivio dei diari di Pieve
Era anche lui uno degli ultimi testimoni, uno dei grandi testimoni che se ne sono andati per sempre lasciandoci più soli, per usare ancora una volta le parole di Liliana Segre: Piero era un fratello, bisogna aver condiviso per capire. Piero Terracina ci ha lasciato poche settimane fa e proprio per questo oggi vogliamo ricordare le sue parole e tenere viva la sua testimonianza in occasione del Giorno della Memoria, invitandovi a guardare la toccante lettura che del suo diario ora custodito in Archivio ha fatto Marco Baliani dalle stanze del Piccolo museo del diario, in un contributo video preziosissimo realizzato dalla Rai. Piero Terracina a Pieve aveva portato la sua straordinaria testimonianza in prima persona, raccontando la sua esperienza dal palco del Premio Pieve Saverio Tutino solo pochi mesi fa, nel settembre 2018. Oggi riascoltiamo le sue parole insieme a voi, rivolgendo un pensiero speciale a lui e a tutti gli ultimi testimoni.
Marco Baliani legge il diario di Piero Terracina:
Nella bellissima fotografia qui sopra, scattata da Samuel Webster nella stanza del Lenzuolo al Piccolo museo del diario, la direttrice Natalia Cangi racconta a Piero Terracina la storia di Clelia Marchi. Ci piace ricordarlo così, con la curiosità negli occhi del suo volto riflesso nella teca che custodisce il Lenzuolo, in quel flusso sovrapposto e ininterrotto di memoria, emblema delle storie e delle vite conservate a Pieve.
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